
Da un intervento di GIORGIO SMOJVER nel gruppo Heroic Fantasy Italia

“La Gitza osservava la prigioniera, il modo in cui si ergeva al limitare della stanza sfarzosa, una torre inaccessibile da cui la pioggia seguitava a ruscellare in rivoli neri inzuppando l’orlo esterno del ricco tappeto. Non aveva nulla a che vedere con nessuno dei presenti, né con gli sgherri boriosi che la accompagnavano, né con i fatui gentiluomini e le evanescenti gentildonne che aprivano le loro vesti impalpabili intorno al Conte come ninfee su un laghetto. Indovinò lo sguardo duro, protetto dalle pieghe del cappuccio, concentrato davanti a sé come se nulla di ciò che poteva accadere in quella sala potesse toccarla… Quando il cappuccio fu levato con un gesto secco l’intera sala trattenne un’esclamazione. Anche la Gitza si dovette premere le mani sulla bocca per non lasciarsi sfuggire un grido. Era una donna, ma questo lei l’aveva già compreso, i capelli biondi resi pesanti e scuri dall’acqua che le ricadevano sulla schiena e ai lati del viso. Quel viso… Sembrava che due maschere fossero state tagliate nel mezzo da una lama maldestra e ricucite insieme, per dare la parvenza di un unico volto. Ma non c’era alcuna fissità di maschera in quei lineamenti che mutavano, nelle palpebre che si abbassavano e si alzavano su occhi diseguali per forma e colore, nelle narici che si dilatavano al ritmo del respiro. Metà donna, metà uomo, e nella sua interezza niente e nessuno, o forse un tutto spaventoso nell’ imperfezione della completezza.”
Tavola di Sabrina Normani